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Scheda volume

Varii sermoni di santo Agostino et altri catholici, et antichi dottori vtili alla salute dell’anime. Messesi insieme, et fatti volgari da monsign. Galeazzo vescovo di Sessa .. – In Vinegia : appresso Gabriel Giolito de’ Ferrari, 1558 (In Vinegia : appresso Gabriel Giolito de’ Ferrari, 1557). – 32 , 666, 2 p. ; 4°. ((Marche sul front. e in fine. – Cor. ; rom. – Segn.: ast]-2 ast]8 A-2S8 2T6. – Fregi e iniziali xil.

Impronta · i-li 0861 nise sich (3) 1558 (R)

Marca editoriale In cornice figurata: Fenice su un braciere acceso. Motto: De la mia morte eterna vita I vivo. Iniziali: GGF. Motto: Semper eadem (Z534) [motto]: De la mia morte eterna vita I vivo Sul front Fenice, rivolta al sole, su fiamme che si sprigionano da globo alato recante le iniziali G.G.F. oppure I.G.F. Motto: Semper eadem. – Dimensioni: 6 x 7,5. (U89) [motto]: Semper eadem In fine

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n. 1  1472 Sant'Agostino, Antonella da Messina PalermoIl volume raccoglie sermoni e omelie di Agostino, assieme ad opere di altri Padri della Chiesa: omelie di S.Giovanni Crisostomo, sette sermoni di S.Basilio, due omelie di S. Gregorio, S. Ambrogio, papa Leone I e un sermone di S. Cipriano. Galeazzo Florimonte nella premessa all’opera spiega che la sua scelta è caduta sui sermoni atti ad indurre l’uomo all’amore e al timore di Dio. Inoltre per renderli comprensibili ad un pubblico più vasto ne tradusse circa un centinaio nella lingua comune per farli pubblicare.

I sermoni di Agostino sono il frutto di quarant’anni della sua predicazione, ma non sono tutti di certa attribuzione. Conservati nella biblioteca d’Ippona, forse mai rivisti dell’autore, non pubblicati, sono andati in buona parte perduti. I Benedettini di S. Mauro raccolsero 363 sermoni di provata autenticità che furono divisi in quattro classi: sermoni intorno alla sacra Scrittura (1-183), sermoni sulle festività religiose (184-272), sermoni in commemorazione di Santi (273-340), sermoni su argomenti di varia indole morale (341-363). Il contenuto è diverso e ricco sui temi della Scrittura e della liturgia, o commenti alle opere di dogmatica ed esegesi. Il linguaggio è immediato ed efficace, chiaro e al tempo stesso profondo, pieno di vivace incisività.

n. 2  galeazzoGaleazzo (Galatheus, in latino) Florimonte (1484 – 1565) è stato un vescovo cattolico italiano. Fine umanista, letterato e riformatore, si laureò in filosofia e medicina. Entrato nel 1514 al servizio di Alfonso d’Avalos marchese del Vasto, lo seguì a Parigi in un’ambasceria presso Francesco I. In un secondo soggiorno a Parigi conobbe Jacques Lefèvre d’Étaples e il teologo coloniese Albert Pigge, sostenitore della dottrina della doppia giustificazione ed intorno al 1529 va collocata la svolta decisiva della sua vita diventando sacerdote.

n. 3 BishopCoA_PioM.svgNominato prima vescovo di Aquino da Papa Paolo III, sarà poi nominato vescovo di Sessa Aurunca da Papa Giulio III. Al Concilio di Trento fu uno dei più attivi rappresentanti dei riformatori, segnalandosi per la ferma presa di posizione contro l’abuso delle dispense, la simonia e il cumulo dei benefici. Partecipò poi alle due sessioni che si tennero a Bologna e durante la lunga pausa dei lavori il Florimonte si dedicò ai suoi lavori di letterato. Su esortazione dei cardinali Cervini e Ciocchi Del Monte, iniziò alla traduzione dei sermoni di S. Agostino e di altri padri della Chiesa, usufruendo della fornita biblioteca, che il Beccadelli metteva a disposizione. Alla base di questo scritto c’era la necessità di creare un genere di esortazione in volgare adatto alla parte meno istruita del clero nonché ai laici desiderosi di formarsi un’educazione religiosa.

Chiamato a Roma per un certo periodo incontrò Bartolomeo Della Casa e sarebbe stato proprio Florimonte a suggerire al frate domenicano di comporre uno scritto sulle buone maniere e a trasmettergli i propri appunti sull’argomento, il “libro delle inettie” più volte menzionato nel suo epistolario, che doveva essere una sorta di raccolta di massime e precetti relativi al vivere civile appresi durante gli anni di vita nelle corti.

n. 5 capoletteraDopo una scorretta stampa giolitina del 1553 curata da un agente del Cervini, i Vari sermoni conobbero una notevole fortuna editoriale, esercitando una cospicua influenza sull’omiletica cattolica barocca, come è dimostrato dalle numerose edizioni che si susseguirono dal 1556 al 1569. Quando uscì la prima edizione il Florimonte lavorava già ad una seconda parte dei sermoni, che apparve dopo un decennio di gestazione (Venezia, Scotto, 1564), con in calce tredici prediche del l’autore.

n. 4 fregioGiovanni Gabriele Giolito de’ Ferrari (1508 circa – 1578). I Giolito de’ Ferrari furono una celebre famiglia italiana di librai e di tipografi, la cui attività durò ininterrotta dal 1483 al 1606, principalmente in Trino di Monferrato, loro luogo d’origine, e in Venezia. Figlio di Giovanni il vecchio, Gabriele nacque a Trino e nel 1523 si stabilì con il padre a Venezia fondando una fiorente bottega: la Libreria della Fenice. Quando il padre si trasferì a Torino, Gabriele prese in mano l’azienda, inizialmente con i propri fratelli e poi con sempre maggiore autonomia, aprendo anche librerie a Napoli, Bologna e Ferrara. Dopo la morte del padre sorse una spinosa questione ereditaria. Per salvaguardare l’impresa editoriale decise di costituire nel 1550, una società commerciale con i fratelli e il fratellastro Giovanni Cristoforo. Le edizioni sociali furono sottoscritte “Appresso Gabriel Giolito de’ Ferrari e fratelli”, fino al 1556, quando la società fu sciolta.

Nel 1544 il Gabriele sposò Lucrezia Bin e parte della dote della moglie fu utilizzata per potenziare la tipografia, provvedendola di caratteri nuovi, fregi e iniziali figurate; l’officina divenne in questo modo non solo una delle meglio provviste di Venezia, ma anche una delle più apprezzate per novità e distinzione.

Egli era un uomo colto, frequentava eruditi e uomini di cultura, e riuscì a intessere una trama di relazioni che poi mise a profitto ai fini della sua attività. Diversi letterati furono alle sue dipendenze come compilatori, traduttori, correttori, spesso ospiti nella sua casa, come accadde a L. Dolce, curatore redazionale di testi per i Giolito fino alla morte.

Gabriele Giolito per la sua prodigiosa attività, dominò nel campo editoriale buona parte del suo secolo: la sua bottega fu uno dei centri librarî più importanti d’Italia. L’epoca migliore della stamperia giolitina è fra il 1545 e il 1555. Gabriele fu editore della maggior parte degli scrittori più in voga ai suoi tempi: P. Aretino, P. Bembo, L. Dolce, A. F. Doni, O. Landi, B. Cavalcanti e molti altri. La sua politica editoriale si orientò verso i libri in volgare. Tre autori furono soprattutto prediletti, come il numero di edizioni giolitine dimostra: il Petrarca con 22 edizioni delle Rime, il Boccaccio con 9 edizioni del Decamerone e l’Ariosto con 28 edizioni dell’Orlando Furioso. Dante fu pubblicato solo due volte: nel 1536 da Giovanni, per la stampa di Bernardino Stagnino, con otto incisioni tratte da disegni del Botticelli; e nel 1555 dal Gabriele, con postille marginali del Dolce.

Le censure alla stampa per effetto della Controriforma fecero mutare la produzione di Gabriele, che abbandonò quasi del tutto la produzione dei libri in volgare e iniziò una nuova e fortunata attività con traduzioni d’autori greci e latini, in maggior parte storici, e opere ascetiche e di materia religiosa. Era sua intenzione stampare una raccolta di storici sotto il titolo di Collana historica, ma anche se iniziò questa impresa non gli riuscì, per varie ragioni, di portarla a termine.

Anche per i libri religiosi Giolito ebbe buon intuito nella scelta e, lasciando in disparte i voluminosi testi biblici coi loro commenti e le opere di teologia, e si orientò verso la stampa, sempre in volgare, di testi di pietà, d’istruzione e di pratica religiosa. Con essi formò una raccolta in due serie di diverso formato, intitolata: Ghirlanda spirituale, suddivisa in Fiori. Nonostante le buone intenzioni, anche il Gabriele fu però accusato di vendere libri pericolosi o proibiti, ma ne uscì assolto. Si stima che stampò 817 edizioni.

Gabriele Giolito può essere considerato il miglior rappresentante del rinnovamento dei caratteri nel senso di una maggiore leggerezza ed eleganza che verso il 1540 si era diffuso nelle tipografie veneziane. La sua stampa fu pregevole per l’aspetto grafico, ben proporzionata nei formati dall’antico in 8° a un 12° un po’ allungato e, in maggioranza, impressa su ottime carte con buon inchiostro. Utilizzò caratteri con buon intaglio, tra i quali sono preferibili i corsivi, dei quali aveva un larghissimo assortimento, soprattutto quelli che imitavano la scrittura cancelleresca. Le iniziali istoriate, quasi sempre parlanti, sono belle e divennero modello per altre stamperie. Fece intagliare xilografie per illustrazioni dell’Orlando furioso, del Decameron, delle Rime del Petrarca, e possedeva una serie di intagli rappresentanti scene bibliche o cristiane. Le sue illustrazioni furono lodate dal Vasari. Raramente fece uso di frontespizi incisi: tra i pochi, bellissimo quello del Decameron del 1542. Alla sua morte nel 1578 gli successero i figli i quali proseguirono la sua opera fino al 1606, continuando a ristampare i libri di religione ormai tradizionali della bottega, aggiungendone pochi di nuovi e d’importanti per merito scientifico e letterario.

n. 6 marcaEsemplare con legatura non coeva in cartone con angoli e dorso in pergamena con titolo e autore incisi su tassello e con fregi in oro.

Il frontespizio è restaurato e l’ultima carta è piuttosto consumata ai bordi. Presenza di macchie di umidità. Marca tipografica sul frontespizio con fenice su fiamme che si sprigionano da anfora recante le iniziali G.G.F. L’anfora poggia su un basamento ai cui lati siedono due leoni alati. La marca sul colophon con Fenice rivolta al sole, su fiamme che si sprigionano da globo alato recante le iniziali G.G.F.

Bei capilettera istoriati, testatine e finalini incisi. L’opera è stampata in caratteri grandi romani rotondi con l’indice in un corsivo leggermente più piccolo; tutto il testo è nitido, pulito e leggibile.

 

L’ epistola dedicatoria di Galeazzo sulla pagina del titolo è rivolta al Vescovo Marcello n. 7 InizialeCervini, cardinale di Santa Croce in Gerusalemme a Roma. A questa segue un indice completo dei sermoni con le corrispondenti impaginazioni in modo che il lettore potesse trovare il testo preciso che intendeva studiare. Questa spaziatura testuale e l’impaginazione erano intenzionali per rendere il testo più facilmente accessibile.

Collocazione XVI 67

Inventario ANT 16911

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